Indagine su un presente distopico: Con l’acqua alla gola - Sulla punta della lingua (2025) di Francesco Benedetto e Gabriela Eleonori
- 23 ott
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 25 ott
Con l'acqua alla gola – Sulla punta della lingua di Francesco Benedetto è una pièce dal sostrato pre-apocalittico, in perfetta simbiosi con un tempo distopico che ben dialoga con il nostro presente.

La pièce diretta da Gabriela Eleonori vede come assistente alla regia Filippo Benni e si presenta al pubblico come una commedia nera che sosta e implode sul contemporaneo, proprio come ciascuno di quei vasetti di yogurt vuoti che gli spettatori vedono disseminati in scena ad anticipare l’ingresso dei suoi cinque personaggi.
L’appartamento di Giovanni (alias Paolo Cutroni) prende forma da in una semioscurità, in un ambiente di mezzo illuminato soltanto dal palpito di un frigorifero posizionato sulla destra della scena. L’elettrodomestico, e poi la luce di uno smartphone, permettono allo spettatore di veder affiorare la sagoma del primo personaggio. Giovanni appare in un risveglio tardivo, serale, mentre si disfa a fatica del grumo di una coperta nera sulla sinistra. Al centro della scena invece si vede solo un tavolo, un'urna al suo centro, con quattro sedie disposte intorno.

Con l’acqua alla gola è la prima metafora della pièce, presente nel titolo come in scena prima della Grande Onda. Lo spettatore, infatti, ha come l’impressione che si stia già galleggiando pur rimanendo stabile, seduto sulla sua poltrona. L'illusione ottica che viene a crearsi dal riflesso che ognuno dei vasetti di yogurt genera rimanendo lì, fermo, sul pavimento nero lucido della scena, dà al pubblico una prima opportunità di mettersi in dubbio.
Questa sensazione, appena percepita dallo spettatore, sfuma non appena la desiderata solitudine di Giovanni viene interrotta dal suono del campanello. Alla porta c'è Marco (alias Daniele Bianchini), forse l'unico amico di Giovanni, nonché primo focus sulle distrazioni proposto allo spettatore. Pronti a far arretrare la riflessione del vero protagonista - il pubblico - ci saranno altri due personaggi: la madre di Giovanni, assente e prevaricatrice, (abitata dall'attrice Serena Sansoni) - e una suora dissacratrice della confessione, della salvezza spirituale (alias Elena Biagetti). Dalla parte del pubblico, infine, Ren (sempre Elena Biagetti): una giovane donna, figlia della sua generazione, sperduta ma consapevole, disillusa nel vedere la fine arrivare ma che, tutt'altro che stralunata, ci guarda negli occhi.
Portando in scena elementi di iperrealismo e rimanendo vis-à-vis con la difficoltà elegantemente indossata dagli attori e curata nei minimi dettagli, Con l'acqua alla gola - Sulla punta della lingua denuda e costringe lo spettatore a rimanere tu per tu con l'inganno delle distrazioni del nostro tempo.
Tra un coup de théâtre e l'altro la pièce ci mostra le distrazioni esterne, quelle che abitano fuori dalle nostre mura domestiche, e che vi entrano soltanto attraverso canali di comunicazione e ideologie, e quelle che, forse ancor più morbose, sono sempre potenzialmente a un passo da noi. Da una parte trapelano le estranee dissimulazioni che provano a radicarsi nella nostra mente anche quando sembra che non ci sia più niente da perdere e dall'altra quelle che confidenzialmente ci illudono che non sia così, silenziatrici della coscienza e buone intenzioni. Giovanni, lasciandole entrare tutte in scena, aprendo la porta alla loro personificazione migliore, accetta di farne parte, invita anche noi a continuare a osservarle, ad ascoltarle, a macchiarsi le mani, a rimanere ingranaggio ancorato al proprio corpo fino a riderne sguaiatamente, mentre l’umanità, in prenda alla dissociazione, si è appena suicidata a un passo da noi.




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