Miglior film ispirato a storie vere, Familia (2024) di Francesco Costabile
- 2 mar
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Aggiornamento: 13 mar
Liberamente ispirato dal trascritto vissuto di Luigi Celeste, il film di Francesco Costabile è stato appena premiato come Miglior film ispirato a storie vere.
Dopo aver esordito a Venezia 81 nella sezione Orizzonti, Familia continua il suo viaggio filtrando tra le poltrone dei cinema e dei teatri per far vivere allo spettatore un'esperienza viscerale, personale e di denuncia.
Post-moderno baluardo a sfavore del giudizio verso le donne, il secondo lungometraggio di Francesco Costabile si presenta come un’occasione unica per dialogare e sensibilizzare gli spettatori anche sulle forme di violenza istituzionale che si sono verificate dagli ultimi anni Novanta ai primi Duemila, ribadendo l’importanza del ruolo che ha ad oggi il lavoro dei centri antiviolenza.

A partire dai protagonisti del film, nel dibattito post-proiezione di Familia ci si può soffermare dettaglio per dettaglio ad ogni tema che il film affronta facendo perno sulla tachicardia che come un’impronta del vissuto traumatico accompagna per tutta la durata della visione lo spettatore, in ogni sua causa e sfumatura. Uno di questi temi è la mancanza di tatto che caratterizza, in alcuni casi ancora oggi, alcuni episodi connessi al prelievo forzato di minori provenienti da famiglie con vittime di abusi.
Il tempo del racconto in Familia segue la linea degli eventi che dal 1998 al 2008 hanno cambiato per sempre il vissuto di un giovane uomo e della sua famiglia, intesa quest’ultima come un insieme di persone che convivono sotto l’autorità del paterfamilias. E quindi vittime tutte, a partire da chi impone sugli altri la sua volontà, di un sistema patriarcale basato su logiche di controllo e potere nei confronti della donna e dei minori.
A partire dal sostengo dell’aiuto psicologico che negli anni della formazione può intervenire a sradicare dall’interno tali logiche culturali, durante il dibattito si rinnova l’invito esteso anche ai ragazzi che frequentano ancora la scuola a intervenire, ossia a prendere una posizione di fronte a un qualsiasi episodio di violenza.
Ricostruire questa storia dal punto di vista delle vittime ha permesso allo spettatore di vivere e potenzialmente di sublimare anche la propria esperienza traumatica. Di vivere quindi in prima persona, attraverso le lenti in particolare di uno dei suoi più giovani protagonisti, Gigi, quest'esperienza attraverso un film che si inserisce nel filone delle creazione cinematografiche profondamente impegnate nel sociale e nella politica attraverso il tessuto umano dei suoi attori.
Il film indaga tanto sensorialmente quanto formalmente la diramazione della violenza dagli interni di un un appartamento di Roma, mostrando - quando la fonte di quest'ultima viene temporaneamente allontanta - come possano bastare soltanto pochi passi per ritrovarsi nei medesimi schemi disfunzionali da cui ci si era un tempo allontanati, finendo per essere non solo vittime della violenza altrui ma anche della propria paura.

In Familia, sin dalle primissime inquadrature, lo spettatore si interfaccia nuovamente con l’espediente filmico del grandangolo, già utilizzato da Francesco Costabile nel suo primo film, Una femmina (2022).
Per tutto il film Gigi cerca di ricordare un evento traumatico della sua infanzia e lo fa attraverso una lente sfocata. Un filtro che, nella visione mediata dallo spettatore, evidenza le difficoltà di far emergere la propria memoria traumatica.
Evento che emerge in superficie solo alla fine del film.
Io non posso cambiare. Tu sei come me.
Io non sono come te.



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