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Il dettaglio della sensorialità ne I Giorni delle Arance (2022) di Matteo De Liberato

  • 3 mar
  • Tempo di lettura: 2 min

I Giorni delle Arance «è una storia che parla d'amore per la vita», il regista Matteo De Liberato introduce così il suo film, invitandoci a proseguire con la visione senza voler aggiungere altro.

Dettaglio di Marta Nuti e Radu Murarasu ne I giorni delle arance
Dettaglio di Marta Nuti e Radu Murarasu ne I giorni delle arance

La scena si apre sulla visita inattesa di Padre Robert, un giovane prete che Daiana, rinchiusa in una cella in Romania, riceve poco prima di essere condannata a morte. La donna si trova in prigione dopo aver aperto gli occhi molti anni prima, oppure per aver creduto di non avere più nulla da perdere.


I giorni delle arance si trasforma nel corso di un'estate a Pescara, dall'idea di «una donna che per amore potesse fare un sacrificio grandissimo». A questo primo input si unisce il successivo ascolto di un racconto riguardante il vissuto di una persona molto vicina al regista. Da questo racconto si scopre come in un tempo lontano quando arrivavano le arance tutto veniva percepito come una festa. E per mantenere vivo il ricordo di questo momento, la sua protagonista ora si sofferma su un dettaglio di quando era bambina. Quando, per non perdere la traccia di quest'atmosfera di festa, tra i presenti attorno a lei si usava spalmare le arance sul proprio naso.


Un istante visivo quest'ultimo che dopo la visione riporta alla mente allo spettatore una scena di Ricordi? (2018) il film di Valerio Mieli con Luca Marinelli (Lui) e Lidia Caridi (Lei).

Ad un certo punto, nel film di Mieli, Marinelli (Lui) annusa un profumo in quella che somiglia a un'antica bottega di profumi artigianali o a un portale per un altro tempo, nascosto all'interno di un vicolo e illuminato soltanto dalla luce affusolata che cala dai lampioni sui sampietrini.


Nonostante sia stato girato in Italia nel 2021, I Giorni delle arance permette alla Romania di un altro tempo di divenire un'eco credibile. Il film ha iniziato a prendere forma, racconta il regista, attraverso la sua coraggiosa sceneggiatura, ossia grazie a una scrittura alimentata da un particolare quesito. Quello basato sulla vicendevole curiosità di scoprire cosa potesse voler dire girare in una lingua non tua e soprattutto mettersi alla prova.


Sebbene durante le riprese si sia voluto scoprire in che modo alcune parole della seconda lingua in azione potessero somigliare sempre di più all'italiano, la sfida più grande per il regista sarebbe stata quella «di immaginare la vita nel carcere» che ne I Giorni delle arance rappresenta il cuore del film. Il lavoro con gli attori inoltre, spiega Matteo De Liberato, è stato fondamentale.


In seguito alla visione del film risulta molto difficile per lo spettatore dimenticare gli sguardi e le esitazioni dei suoi protagonisti, di Daiana (interpretata da Marta Nuti, nel presente, e Andrea Doaga, nei flash-back) e di Padre Robert (alias Radu Murarasu).


Il film attinge e restituisce l'immaginario della Romania sotto il regime di Ceausescu e lo fa attraverso una ricerca che ha previsto soprattutto la trasposizione del dono evocativo di una diretta testimonianza. Una voce dimostratasi in grado di trastormarsi - nella rielaborazione (tra attivismo e apprensione) - in uno scenario tanto universale quanto strettamente connesso all'Est Europa.


In seguito al dibattito post-visione sul film uno degli spettatori dichiara di essersi sentito molto colpito da un dettaglio, quello sulla sensorialità.

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Roma (RM), Italia

Progetto artistico critico letterario No profit a cura di Giada Ciliberto 

Giornalista Pubblicista 

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