La voce di un padre femminista in In Her Shoes (2019) di Maria lovine
- 22 feb
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Aggiornamento: 23 feb
Che inflessione può avere la voce di un uomo che prova a mettersi nei panni di una donna? E come può questa voce condizionare lo spazio filmico che abita, attraverso le immagini d’archivio, assieme allo spettatore? A queste domande risponde, con il suo film di riuso d’archivio dal titolo In Her Shoes, Maria Iovine, vincitrice del Premio Zavattini.

Nel film la regista Maria lovine lascia la parola a un uomo. È quella di un padre che calza le scarpe di una donna, o di tutte le donne, rivivendo le tappe della sua vita parallelamente a quelle di sua figlia, seguendole fino a un estendibile presente dal momento della sua nascita in poi.
Durante la visione di In Her Shoes non si può fare a meno di pensare a come sarebbe diverso il mondo se tutti i padri che hanno premura per le proprie figlie lasciassero che il loro sguardo continui ad orientarsi allo stesso modo anche per tutte le donne che incontra sul proprio cammino.
Quale padre desidererebbe vedere la propria figlia passare l'aspirapolvere per casa dopo una lunga giornata senza che chiunque sia al suo fianco intervenga?
Nel film di Maria lovine il femminismo è trasmesso allo spettatore dalla prospettiva di un Uomo e dalle immagini d'archivio che ricostruiscono, forse e ancora, un utopico e meraviglioso scenario domestico e lavorativo in cui è l'uomo a passare l'aspirapolvere a casa mentre la donna è concentrata nella lettura in salotto.

In Her Shoes si presenta allo spettatore come la ricostruzione della vita di un padre. Un padre femminista che non ostenta però alcun emblema per esprimere le sue considerazioni. È invece una naturalezza che mima, spaziando al di là della scissione creata da una condizione maschile e di una condizione femminile, l'osservazione, invece, di quel che vive una persona nella sua quotidianità, ponendosi affatto banalmente delle domande su chi ha di fronte. Forse come a dire: Quanto spesso diamo per scontato l'osservazione di quel che abbiamo attorno?
Questa voce di uomo, abitata dapprima dalle immagini d'archivio, assume un'identità mutevole, abitabile dallo spettatore.
Un capovolgimento e una scissione toccante e necessaria che inizia dall'ordinario per approdare il più sottilmente possibile allo straordinario.



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