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Studio di un flusso parallelo in Sbagliando s'inventa (2022) di Alice Sagrati

  • 22 feb
  • Tempo di lettura: 5 min

Similmente a come accade da un certo momento in poi alla scrittura di Gianni Rodari, in Sbagliando s'inventa di Alice Sagrati l'Uomo arriva a confondersi con qualcosa d'altro, con un bagaglio di ricordi e di fantasia tanto inatteso e familiare quanto permeabile e totalmente disconnesso da lui.

Proiezione di Sbagliando s'inventa
Proiezione di Sbagliando s'inventa

Rispondendo a una chiamata di cui però non è destinatario, Mario, il protagonista del film, si ritrova letteralmente ad abitare un flusso di parole, un binario parallelo che man mano che si procede nella visione altera il ritmo delle sue giornate e anima, grazie a un respiro sempre meno impolverato e più colorato, la sua solitudine.


Le immagini nel film, sostituendosi alla scrittura, filtrano inizialmente attraverso il medium telefono - così come l'occhio che, come la camera, segue il flusso per poi inserirsi in esso attraverso i fili del telefono in Tre colori - Film rosso di Kieslowski (1994) e arrivano alla mente dell'Uomo da un altro tempo.


Viaggiando per un'altra destinazione, ancora sconosciuta, le parole riescono ad associare non solo due fili, ma anche due vite tendenzialmente distanti, due percorsi non sovrapponibili come sono il passato e il presente dell'Uomo e che, in questo caso, nel film di Alice Sagrati, si configurano più precisamente come l'infanzia e l'età adulta.


Dall'evoluzione dell'idea iniziale del film, che la regista racconta in occasione del Festivalaccio, nasce l'idea di un uomo che viene scambiato per qualcun altro, svelando così allo spettatore l'emblema rappresentato da parole colorate che, come di fronte a uno scontro imprevisto, ricreano l'immagine stessa e sovraffollano lo schermo.

Quando le parole sovraffollano lo schermo in Sbagliando s'inventa
Quando le parole sovraffollano lo schermo in Sbagliando s'inventa

Mentre si ricorda che il montaggio è scrittura, in Sbagliando s'inventa, le parole che sovrastano l'immagine d'archivio si rivelano come degli arcobaleni di un senso perduto, in bilico tra i bordi dell'inquadratura e non perfettamente centrate, come se fossero sulla costante soglia del mutamento.

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Marco: Cosa ci dici sulla scelta delle immagini?


Alice: In realtà questo è il mio primo corto d’archivio e finora l’ultimo. Ne farò qualcun altro, sicuramente più avanti. Però, in generale, io sono stata autorizzata dal Premio Cesare Zavattini. Avevo fatto qualche corto a livello scolastico, però non avevo mai fatto un rimontaggio d’archivio. Poi ho ricevuto il Premio, il Premio Zavattini che, comunque, è un premio che ti fa accedere a una sorta di scuola, a delle masterclass che ti insegnano come si fa il montaggio (che ti iniziano al montaggio). Anche perché io non avevo mai visto un archivio vero e proprio, quindi né andare in presenza in un archivio né in un archivio online, quindi (anche) come si cerca. Devi anche saper cercare. Ed è stato difficilissimo. Quindi piano piano impari anche a saper recintare la tua ricerca.


Marco: E come funziona il Premio?


Alice: Tu mandi un’idea. Scrivi una paginetta.


Marco: Un soggetto?


Alice: Esatto, ma anche un po’ meno. Io, ad esempio, avevo scritto: Mi piace Gianni Rodari. Lo sto rileggendo. Mi piacerebbe capire come si gioca con il linguaggio. Non ricordo se l’ho scritto prima o dopo la pandemia. Comunque diciamo che era un momento della liberazione, della liberazione post-Covid. Quindi io avevo messo in mezzo l’idea di far provare delle cose ai bambini in presenza, di far provare a loro delle cose, poi questo non è stato possibile, a causa della pandemia, e quindi abbiamo virato. Mi hanno detto: Per me è meno interessante che tu applichi la teoria di Rodari a livello pratico con i bambini, con le teorie psicopedagogiche, ma è interessante che tu, visto che scrivi, visto che questo è un caso di scrittura, mi hanno detto: Usa più le tecniche di scrittura e vedi un po’ come riesci a sperimentare.


Marco: Quindi hai scritto il racconto?


Alice: Sì, tranne la favola iniziale, che è una favola di Rodari, poi tutto il resto l’ho scritto io, perché – appunto – provavo a usare le sue regole, a ribaltare un po’ il senso delle parole.»


Marco: E il montaggio?


Alice: L’ho montato io.


Marco: Ah, quindi tu hai fatto sia il montaggio che la scrittura.


Alice: Sì. Visto che doveva essere qualcosa come un’associazione libera, Surrealista, dovevo per forza farlo io. Dovevo stare davanti al computer e provare a guardare le cose e vedere cosa sono da fuori.


Marco: Giada, che impressione ti ha fatto? Apriamo alle domande.


Giada: Molto, molto interessante… Sono stata a un altro Festival di Riuso, dal punto di vista delle fonti, quindi, immagino il lavoro che c’è stato dietro. Non è così immediato. E sul perdersi sono d’accordo… L’ho trovato molto scorrevole. I raccordi, ad esempio… Può capitare che sul riuso (si dica) che sono immagini preesistenti e quindi sia più semplice lavorarci. In realtà non è propriamente così. Mi ha affascinato e mi ha incuriosito proprio l’uso delle parole. Quando tutte le parole nascondono quasi l’immagine, no? E secondo me, da questo, si evince proprio questo suo interesse per la scrittura. Come se, dalla scrittura, si possa passare alla scrittura per immagini, come se a un certo punto…


Alice: Sovrastasse?


Giada: Sì, vorrei chiederti questo passaggio.


Alice: Sì, perché, in realtà, io ero interessata a questo. Perché con questo testo di Rodari, in questo soggetto, lui racconta come si può creare questo binomio fantastico, che è una tecnica di scrittura in cui far incontrare due parole che non c’entrano niente a livello semantico (l’una con l’altra), e (che mostra come) scontrandole si possano creare delle nuove forme. Però lui in questo testo dice: Questo è un inizio di studio di semantica per bambini, che alla fine è per bambini ma è (anche) per tutti e tutte, però potrebbe anche essere applicato ad altre arti, al teatro, al cinema. Ma anche studiandolo, ad esempio, io ci ho lavorato molto, ci ho fatto la tesi magistrale sull’applicazione dell’idea di Rodari al cinema ed effettivamente poi non è stato più cercato ancora in che modo quella tecnica può essere vista e non solo scritta. E quindi, in realtà, è nata un po’ questa idea di provare a individuare come quella parola possa divenire immagine e come una tecnica del genere, per immagini, possa effettivamente essere traslata o meno. E ci sono tanti esempi, anche di tante favole per bambini, di Rodari, come "La torta in cielo" o "La freccia azzurra", però delle volte, secondo me, tradiscono un po’ il testo, cioè diventano un po’ storielle liquide, come la scrittura di Rodari, che in realtà è molto più pazza. È stato molto addomesticato, secondo me, dalla storicizzazione.


Marco: Come si crea questo accostamento?


Alice: Il Binomio Fantasticoè quando metti insieme due parole che non c’entrano niente a livello semantico. Quindi tipo Zucchina/Bottiglia, mettendole insieme esce qualcosa. Si faceva fare ai bambini quando andavano a scuola.


Marco: Infatti questo mi ha ricordato quando andavo a scuola. Quando alle elementari c’erano quei cartelli in cui c’era la volpe, la parola e la maiuscola V. Cioè quando dalla creazione della tua mente tu devi iniziare a unire quello che tu vedi al segno e poi anche alla lettera. Mi ricorda questa parte qua della mia infanzia insomma… Grazie mille Alice.

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Roma (RM), Italia

Progetto artistico critico letterario No profit a cura di Giada Ciliberto 

Giornalista Pubblicista 

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