Un anno di PoltronCine di e con Carlo Giuliano, condividere A Real Pain
- 10 mar
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 17 mar
Ci sono dei film che non vanno spiegati, vanno circondati
come in un abbraccio
silenziosamente richiesto
reciproco.
Giada
Nella prima settimana del primo compleanno di PoltronCine, che coincide beatamente con le settimane di pre-primavera a Roma, il critico cinematografico Carlo Giuliano ha aperto il dibattito su A Real Pain, l'opera seconda, e che lui definisce matura, dell'attore e regista Jesse Eisenberg. Un film doppiamente vincitore agli Oscar 2025 per miglior sceneggiatura originale e, con Kieran Culkin, per miglior attore non protagonista.

Carlo: Buonasera a tutti e a tutte, benvenuti a questo - non so più calcolarlo... - appuntamento di PoltronCine, che bellissimo questo silenzio improvviso... Non pensavo!
Questo è il primo appuntamento di quattro con cui festeggiamo il compleanno di PoltronCine.
Per chi fosse alla sua prima volta, che cos'è PoltronCine? È un cineforum alla fine. Però è un luogo di scambio, di contaminazione del vedere cose che non avreste visto, parlare di cose di cui magari non avreste parlato. È uno spazio in cui, mi piace credere, ogni opinione ha lo stesso peso. Perché quando si parla di cinema si parla di opinioni non di verità, perché siamo tutti una banda di Azzecca-garbugli e poterci contaminare a vicenda per me è una cosa bellissima. E credo che in un anno, da quando è nato PoltronCine, il 13 marzo ormai di un anno fa, si sia creato questo.
Innanzitutto vorrei ringraziare Circuito Cinema - non c'è nessun rappresentate di Circuito Cinema che mi ha imposto di fare questo ringraziamento - ma per aver intuito questa cosa. Perché sta veramente dando un esempio in Italia. Si stanno creando dei poli simili, perché si è capito che il cinema è in crisi - lo sappiamo - ma non c'è crisi di voglia di cinema. Non c'è crisi di voglia di parlarne.
Io sono molto emozionato per ovvie ragioni.
Chi sono io non credo sia così importante.
Sono semplicemente una persona che ad un certo punto della sua vita ha capito che amava il cinema più di ogni altra cosa. Che forse l'amava più di se stesso. Che ne aveva talmente pieno il cuore da avere bisogno di ricondividerlo con gli altri.
Perché credo che il cinema funzioni a vasi comunicanti. Io sono un vaso troppo pieno, quindi lo condivido con chi è qui davanti, (ad esempio) con chi ho conosciuto al primo appuntamento di PoltronCine ed è ancora qui.
Chi uscirà da questa sala e parlerà, magari, di questo o di un altro film, magari neanche gli sarà piaciuto e lo continueremo a condividere. Perché un film può essere brutto ma un film è sempre qualcosa di molto bello perché credo che viviamo in tempi molto oscuri e credo che il cinema abbia veramente il potere di salvarci un po', di farci sopravvivere.
Magari avrete sentito che è un film di interpretazioni. Io vi chiedo di fare caso al modo in cui è girato, al modo in cui si muove la camera. Al modo che ha di descrivere le psicologie dei personaggi, perché per me è la cosa più interessante. Ed è il motivo per cui ho voluto qui al mio fianco Alessandro Roia, attore, regista e sceneggiatore, perché poteva coprire tutti gli aspetti che rendono positivo questo film.

Durante il dibattito fuori dalla sala si sono dette molte cose importanti.
Fra queste che il cinema non è finito, ma che sta cambiando, si sta trasformando, come spiega Alessandro Roia. Non è più quello della sala degli anni Quaranta in cui si fumava e si mangiava al suo interno e il costo del biglietto permetteva di vedere anche tre proiezioni di seguito, ma oggi c’è un crescente interesse e rinnovato per il cinema indipendente, citando Sean Baker ad esempio.
A Real Pain, come si evince dal confronto con gli spettatori, parla di un viaggio. Un viaggio, per alcuni versi, molto americano. E a tal proposito una domanda, sempre tra il pubblico, sorge spontanea. Perché non si fa più questo tipo di film sul viaggio?
Il road movie è un genere che sta sparendo o è solo così che appare?
Didascalico è invece come è apparso il film agli occhi di un altro spettatore.
Non importa quale sia la tua opinione su un film, continua Alessandro Roia, mentre Carlo Giuliano elogia le differenze dei punti di vista. È proprio quello l’arricchimento, condividere.
A Real Pain per il pubblico, e quindi da un punto di vista condivisibile, è un film su una sola persona che ha cambiato il viaggio di tutti gli altri, su colui che sente più di tutti gli altri e che quindi permette a tutti loro di vedere le cose in maniera diversa.
Oltre alla sceneggiatura e all'interpretazione, a metà film c’è in effetti qualcosa non ha convito uno spettatore, qualcosa è cambiato la sua percezione del film durante la visione.
Se invece i sassi sulla porta di casa della nonna dei due cugini protagonsti, che agiscono come se fossero due fratelli, non appare come soltanto una tradizione ma come un gesto tenero per alcuni spettatori, per altri il film è stato in grado di far avanzare anche una riflessione su quelli che sono i rispettivi privilegi di Benji e David.
A real pain è tutto costruito sui non-luoghi, su questi spazi, come l'aeroporto, il terrazzo dell'hotel, il treno, l'ascensore, che dal suscitare un iniziale disagio in chi li attraversa riescono poi anche a non farlo sentire del tutto solo.
Ad alcuni la fotografia del film non è piaciuta così tanto, c'è chi sostiene, spostando ad esempio la riflessione sul cinema in generale, che ci sia una certa differenza tra chi sa muovere la camera e chi sa mostrare qualcosa di bello tenendola ferma.
Su questo Alessandro Roia avanza un esempio di creatività che l’ha colpito, quello della Statua della Libertà rovesciata con l’utilizzo dello specchio, di un escamotage, in The Brutalist. Un altro film, stavolta di Brady Cobert, che ha primeggiato agli Oscar grazie all'interpretazione di Adrien Brody.
Dalla discussione sul film emerge inoltre che A Real Pain parla anche di partecipazione, della probabile volontà del regista, o di quel che sente semplicemente lo spettatore quando si trova a tu per tu con il film, di far ritrovare nello scambio di attenzioni, nei gesti di un cugino che si comporta come un fratello, una madre, un padre, per l’altro, la manifestazione di diversi ruoli familiari.
Al contempo, mentre c'è chi continua la sua riflessione soffermandosi sulla circolarità del film di Jesse Eisenberg, per alcuni sembra che il momento delle presentazioni dei partecipanti al tour turistico a cui Benji e David decidono di prendere parte in Polonia si presenti come uno dei momenti più alti del film; quello che promette molto poiché riesce ad arrivare al pubblico dando meno spazio possibile a spiegazioni didascaliche. Poco amate anche da Roia.
Nel cerchio della post-proeizione, tra birrette e frizzanti aneddoti da spettatori, si parla anche della differenza tra chi è un critico, ossia tra chi ha uno sguardo più analitico, una capacità di notare di più alcuni dettagli e alcune sottigliezze, e chi invece semplicemente sente il film e le emozioni che esso trasmette.
Cosa permette quindi a un film di farci risuonare qualcosa, di parlarci?
Al termine di questo primo appuntamento su quattro di PoltronCine, sono state più le domande che le risposte a mantenere vivo il dibattito e a chiudere quindi la serata lasciando aperto un varco. Una speranza che lascia pensare che questa sospensione sia già un seguito, che lasci quindi - in chi vi ha partecipato - il desiderio di tornare ancora.
PoltronCine è sicuramente un punto di ispirazione.
Perché è bello vedere in cerchio un dibattito non costruito, in cui ognuno è libero di esternare le proprie sensazioni o le proprie considerazioni sul film che ha visto, potendole condividere ancora.
L'ultima cosa che vi dico, conclude Giuliano, abbiamo fatto una scommessa, abbiamo trasformato PoltronCine in un appuntamento settimanale per questo mese, per il compleanno di PoltronCine.
Il prossimo appuntamento con PoltronCine sarà martedì 11 marzo, con Mickey 17, il nuovo film di Boon Joon-ho...
Non perdetelo!



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