Filmmakers and Movie Nerds, la costola romana di Berlino sulla strada del cinema indipendente
- 18 mar
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Aggiornamento: 18 mar
In una serata in cui il proiettore del B-Folk sta per trasformare la sua luce in immagini in movimento prendono la parola Martino Fiorentini e Lorenzo Marte, scambiandosi vicendevolmente i ruoli per farci sentire a nostro agio, rivelarci alcuni aneddoti del dietro le quinte e trasmetterci la loro passione che è un po' una ragione di vita. E come tutto quello che è necessario, in questo caso in ambito cinematografico, c'è bisogno di creare anche quando si vuole o, per meglio dire, si deve tentare la via dell'indipendenza.
Martino: Grazie a tutti per essere arrivati, soprattutto a chi è arrivato puntuale, nonostante i problemi, nonostante la guerra in Palestina, il traffico di Roma…

Martino: Grazie di essere qui. Noi siamo Filmmakers and Movie Nerd. Siamo un collettivo di filmmakers, cineasti e appassionati di cinema e portiamo con orgoglio in giro le nostre creazioni. Siamo quindi un gruppo unito di vari film-maker, di persone che vogliono fare questo nella vita, o perché hanno appena finito di studiare o perché hanno fatto la gavetta, insomma ognuno a modo suo.
Abbiamo trovato un modo per unire il desiderio di ciascuno di produrre la propria arte unendo le nostre forze fondamentalmente, in un mondo dove tutto quanto è una guerra tra chi è più forte, noi invece…
Lorenzo: Noi invece siamo i deboli!
Dichiaratamente.
Martino: Beati gli ultimi che saranno i primi, possiamo aggiungere.
Lorenzo: Aprite la Bibbia al versetto 74… [Ridono]
Martino: E niente, abbiamo questo sogno...
Lorenzo: Questa mission! Una di quelle parole che fa molto figo…
Martino: Che fa molto brand identity...
Lorenzo: Esatto!
Martino: (A parte gli scherzi) Noi crediamo nel fatto di darci una mano a vicenda, in modo tale che tutti insieme possiamo…
Lorenzo: Fare i film, che è quello che ci piace fare!
Martino: E voi siete qui stasera per godere, speriamo... [ridono] Di tutta la nostra fatica.
A te la parola!
Lorenzo: Che devo dire?
[Ridono insieme al pubblico]
No, allora... Benvenuti! Grazie di essere qua. Noi - nel gruppo - siamo gli Admin! Quelli che muovono un po’ le fila della cosa... Di questo parallelo artistico con Berlino. Siamo la costola romana di Filmmakers & Movie Nerds che nasce quattro anni fa, quando è stata creata questa community a Berlino, che poi si è estesa un po’ in tutto il mondo. La sede principale è lì mentre noi siamo “la sede a Roma”.
Martino: La dépendance estiva! [Ridono]
Lorenzo: Ogni tre mesi c'è una challenge, si pesca un tema e poi dopo si realizzano dei cortometraggi su quel tema lì. Poi questi cortometraggi vengono proiettati a Berlino, dove tutti, il pubblico in presenza o connesso da remoto, lo vedono e votano il loro preferito. È quindi un piccolo festival prodotto in autonomia.
Martino: Sì, esatto, autoprodotto, autogestito.
Lorenzo: Quindi, a partire da questa premessa, oltre che ad aver creato una sola squadra di corti a Roma, stiamo cercando di creare un’altra succursale della community. Ossia di allargare quest'iniziativa a più persone possibili, a coloro che hanno voglia di fare cortometraggi. Perché sappiamo che tra il non fare niente e fare un cortometraggio a budget zero, è sempre meglio fare un corto a zero budget...
Anche perché se aspettiamo il Tax credit, i produttori, i casting, gli agenti, la gente che dice: “ok, andiamo, facciamo...” allora diventiamo tutti vecchi. Io lo sono già, loro no. Quindi sono la dimostrazione vivente che aspettare non serve! Perciò finché non arriverà quello che sfornerà il David di Donatello [Ridono] noi continuiamo a far uscire i nostri corti, utilizzando questa ciclicità di tre mesi per produrre sempre altri cortometraggi, quindi mettendoci alla prova, imparando, scrivendo, girando, montando ed editando, facendo quindi tutto quello serve per realizzare un cortometraggio.
Martino: Stasera il primo è anche il corto di punta della stagione passata.
The end of the beginning
È un film diretto da me, portato a Berlino e vincitore della challenge dello scorso inverno. Andrea Azzoli è il nostro tutor per le sceneggiature. Invece Stefano Antonio Mangi è, in questo caso, il nostro direttore della fotografia, ma è anche un regista e ci ha dato una mano quasi in ogni cortometraggio con le sue doti. Quindi si occupa… [Silenzio] C’è un sipario? [Ridono insieme al pubblico] Possiamo montarlo un secondo? Ognuno si presenterà da solo!
Lorenzo: Sono Lorenzo Marte, anch’io sceneggiatore, regista e attore, e faccio parte della Community di questi pazzi scatenati, ma, come avrete capito, un minimo di follia per fare questo lavoro serve… Se qualcuno di voi frequenta i set lo sa…
Spettatore: Certo!
Martino: Frequenta noi! [Ridono]
Forse quando inizieranno ad arrivare i primi soldi forse avremo bisogno di meno follia, ma ora questa follia ci manda avanti. [Ridono]

Dopo la proiezione di The end of the beginning (2024) e di Last Call (2024) di Giada Di Palma, Martino Fiorentini commenta Shoes me (2006).
Martino: Shoes Me è stato il mio secondo cortometraggio in assoluto. Ricordo che volevo fare i test d’ingresso al Centro Sperimentale e di aver fatto un altro corto, prima di questo, molto personale, molto sentito…
Sul set di questo secondo lavoro invece, a piazza Testaccio dall’inizio alla fine, eravamo tre persone in tutto. Avevo trovato una location che potessere essere adatta a rappresentare tutto il cammino dei personaggi del corto, dal portone, ad esempio, fino alla Chiesa.
Lorenzo: Nel 2006 c’era il Ronin?
Martino: In realtà c’erano i primi modelli. Inzialmente avevo provato a farlo con uno skate... Poi ho noleggiato un Ronin.
Lorenzo: Era stabilizzato!
Martino: Mi sono fatto consigliare: “Con il Ronin risolvi”, bene, sì. Calibralo da solo! Quello più piccolo non arrivava raso terra come volevo io, quindi mi sono fatto, in tre giorni di prove più due di riprese, tutto Testaccio così, con la gente che si fermava…
Lorenzo: A granchio praticamente… [Ridono]
Martino: Il tutto senza avere un monitor, per cui, a parte un piccolo fuori fuoco... Tutta fortuna!
Spettatrice: E il tanghero?
Martino: Il tanghero in realtà... Sono due persone diverse. Perché ho dovuto rigirare quella parte anche il giorno dopo. La mia prima idea era di fare un piano sequenza, tutto quanto senza stacchi. Dopo tre giorni di prove però, e una giornata intera di riprese solo per fare questi cinque minuti, mi sono detto: sai che c’è? Il giorno dopo la rigiro con l’angolo leggermente diverso, così poi la posso montare. Eppure anche facendo in questo modo la stessa persona che interpretava il tanghero non poteva tornare sul set, quindi ho trovato un sostituto...
Lorenzo: Mi ricorda quelle cose che rimarranno nella storia del cinema, irrisolte, che nessuno saprà…
Martino: Sono curioso invece di sapere altre interpretazioni, perché ognuno di voi ci ha visto una cosa diversa in alcuni dettagli. Quindi sono curioso di saperne di più.
Fernando e Andrea (S.A. Mangia; 2023)
Martino e Lorenzo lasciano la parola a Stefano Antonio Mangia che interviene sul suo primo cortometraggio da regista, raccontando al pubblico come lui sia arrivato a un momento in cui, dopo aver partecipato a molti set dove ha incontrato tante persone diverse, ha voluto infine creare qualcosa di suo.
L’unica idea che gli passava per la mente all’epoca, racconta il regista, era come, molto spesso, le vite che già esistono non sembrano essere tali. Di come, quindi, per accorgersi di dover incominciare a vivere davvero, nonostante una mezza età, si debbano sacrificare altre vite. Nel senso, spiega, che poi la vita ci mette il suo. Qui, ad esempio, uno dei due migliori amici si perde, la sua vita viene spezzata, ma lo sono soprattutto quelle di sua moglie e quella di suo figlio che sta per arrivare.
Insomma l’idea è nata da questo concetto, continua Stefano Antonio, e ci ho tirato fuori una storia che potesse essere congeniale a me, prediligendo - ad esempio - un imprinting molto romano…
Lorenzo: Senti… Una domanda mia personale, poi apriamo alle altre domande. Quando alla fine, in una scena, si vede lui in macchina, che sgomma, in una distesa… Cos’è il Wyoming? [Ridono]
Stefano Antonio: Quella, è vero… È una gran figata… Racconto questa cosa perché è molto personale, però è molto bella. Praticamente il mio aiuto regia arriva e mi dice: senti ma questa scena di lui, in macchina, che sgomma e se ne va, dove la andiamo a fare?
E quindi io ho pensato: a Latina! E quindi abbiamo detto va bene: andiamoci a fare un po’ di sopralluoghi! Abbiamo fatto una settimana di sopralluoghi. Per un cortometraggio è una roba che non esiste… E alla fine mi dice: non è vero che hai scelto, non sei convinto come tutto il resto. Senti, tu questa scena dove te la sei immaginata e mi devi dire perché.
E io ho detto: guarda per me questa è una scena che per me è legata a vita e morte. Nel senso questo è il mio paese in montagna, dove vado tutte le estati, il paese di mio nonno, nonno materno. E dove io praticamente ho perso papà quando ero ragazzino. Io avevo quattro anni quando è venuto a mancare e io da ragazzino ho detto: io non vorrei mai che mi succedesse quello che è successo a mio padre. Però so che la realtà dei fatti è questa, cioè la vita me l’ha parato davanti.
E se dovesse succedere in un posto… Io quel giorno che ho pensato questa cosa mi son trovato lì, in quel panorama lì. E ho detto: io vorrei iniziare a correre, a camminare, e quando arriva il momento boom casco per terra.
Lorenzo: Questo è un altro corto!
Stefano Antonio: Ho riportato quest’idea in quelle immagini lì, che sono un po’ un passaggio necessario, secondo me, della storia. Alcuni mi dicevano che no, che magari la storia funzionava anche così. Però ho detto: a me piacerebbe.
E quei luoghi si trovano a Rocca di Mezzo. Il posto si chiama I piani di pezza, è una distesa sconfinata in provincia di L’Aquila. A un’ora e mezza da Roma.
Spettatore: Io vorrei sapere invece quante sigarette ci vogliono per fare un corto?
Stefano Antonio: Allora, guarda, penso di averci una stima approssimativa. Abbiamo fatto il corto con circa 800 euro di budget in totale e 200 euro di sigarette, che poi io tra le altre cose ho creato una marca di sigarette apposita.
Lorenzo: Ma infatti è quello che volevo chiederti, perché ho notato proprio quell’inquadratura sulle sigarette…
Stefano Antonio: Sì, infatti. Ci terrei a dire che l’idea è di un ragazzo qui in sala, che è un mio compagno di una vita intera, Alessandro. Lui si è fatto venire questa idea meravigliosa. Mentre stavamo sfogliando dei libri sui pirati, delle illustrazioni, ho pensato: perché non fai questa marca di sigarette Touch, e fai questo collegamento con il capitano Teach, che sarebbe Barbanera…
Era un’attenzione ai dettagli, cioè poteva esistere anche senza la marca delle sigarette.
Martino: Sulle musiche io volevo chiederti se sono state scritte per il corto. Ho visto che sono tutte tue…
Stefano Antonio: Sì, io non faccio musica. Mi sono incontrato con questo mio amico chitarrista in sala di registrazione e le abbiamo scritte insieme, i testi li ho scritti effettivamente tutti io.
Ultima chiamata (M. Fiorentini; 2024)
Martino: L’idea di questo film è nata dovendo scrivere e dirigere un corto per il diploma in sceneggiatura e in regia del Laboratorio di Arti Sceniche di Massimiliano Bruno. È stato un lavoro abbastanza travagliato, soprattutto in fase di scrittura, è stato un lungo processo per trovare il modo di trasporre l’idea giusta. Volevo realizzare qualcosa di personale ma di non troppo vicino. Quindi ho preso spunto dalla vita reale ma ho ribaltato tutti quanti i ruoli, in modo tale da non renderlo troppo personale per poi poterlo girare. È tratto da una storia vera, un po’ alla Tarantino, cambiando il finale. Perché ho sempre provato a fare un po’ di dramedy, quindi un po’ di commedia e un po’ di dramma alla fine, ma non riesco a fare un film che finisce veramente male, prima o poi ci riuscirò…
Spettatore: La location?
Martino: Lì è stato un discreto colpo di fortuna. Ho adottato una location alla sceneggiatura, così come dovrebbe essere.
Un piano inutilizzato di una clinica privata convenzionata con il pubblico, quindi da che doveva essere soltanto la stanza per la scena finale, poi ci hanno dato anche la sala degli esami, il corridoio, le barelle, tutto. Addirittura, prima di girare, sognavo di avere a disposizione una di quelle finestrelle della terapia intensiva. La stessa finestrella che poi verosimilmente ho trovato, scoprendola causalmente dietro a una semplice porta chiusa. La stessa che poi è stato possibile aprire.
Stefano Antonio: Ricordi? Abbiamo due ore per girare le scene…

Cassia Bis (L. Marte; 2023)
Lorenzo: Siccome per fare il 48ore si danno diversi generi. Ad esempio, in questo caso, poteva essere un road movie. L’idea iniziale, che a me faceva molto ridere, era che io mi sono immaginato come sarebbe potuto essere un road movie a Roma… E ho pensato è questo: essere fermi nel traffico.
Da questa idea è nata la sceneggiatura di questo cortometraggio. Poi è uscito il musical, e quindi avrei voluto fare un musical comedy.
Questo corto lo abbiamo girato all’Alessandrino, dicendo a tutti i membri del cast di venire in macchina.
Martino: E invece la canzone?
Lorenzo: La canzone l’ha scritta un mio amico, l’ho cantata e arrangiata io, mentre alcuni membri del cast hanno fatto il coro.
Martino: C’è una citazione, qualcosa che ha a che fare con La La Land (2016) o con Corrado Guzzanti quando fa Grande racconto anulare (2001)?
Lorenzo: Sì, ha delle assonanze sicuramente…
Spettatore: E sul ballerino?
Lorenzo: Nel corto ne volevo cento ed era uno. Come le macchine: ne volevo 100 ed erano nove. Quel giorno lì, in cui abbiamo girato in esterna, è stato inoltre il giorno più freddo della storia di Roma, dagli antichi romani non faceva un freddo gelido così! Il ballerino ha dovuto fare le prove tutto bardato, ma la cosa che ha fatto più ridere della preparazione del corto è il cartello delle 5 ore, che indica il salto temporale. Quello non era in sceneggiatura, ma deriva da un errore e l’errore è stato un problema di luce. Poiché quando abbiamo girato la scena del balletto, lo stesso piano sequenza che dovevamo tenere per forza, ci siamo accorti che era quasi buio, mentre nella parte iniziale c’era luce piena perché era mezzogiorno. E quindi siamo arrivati la sera al montaggio e ho detto: chiudiamola qui, non si può montare.
Poi mi son messo lì a riflettere e ho pensato: risolviamola così. Un cartello: 5 ore dopo ed è la cosa che ora fa ridere più di tutte.



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